A volte il naturale svolgersi delle cose subisce delle soste improvvise ed eccezionali che ne confermano la regola come consuetudine.
Così come a volte i bambini vorrebbero non crescere e prolungare nel corso della vita la durata della spensieratezza dell’infanzia ed i vecchi che, giunti vicino al termine della loro, vorrebbero continuarla all’infinito, può succedere che su un albero una foglia si rifiuti di staccarsi dal ramo e di lasciarsi cadere sul terreno.
Accadde così che l’autunno trascorse con le foglie che cadevano ad una ad una dopo essersi salutate iniziavano il loro viaggio di ritorno alla terra che l’aveva generate. Ma mentre le altre foglie vicine sparivano dalla sua vista, una fogliolina un pochino più piccola delle altre, si era intestardita a voler a tutti i costi restare attaccata al suo ramo, perché voleva vedere la primavera.
Lei la primavera non l’aveva ancora vista, o meglio, non essendo germogliata all’inizio insieme alle altre più grandi, si era persa la parte iniziale della primavera, quella che le più anziane le avevano descritto come la più bella : quando arrivano da lontano le rondini a costruire i nidi.
Le poche foglie rimaste sentivano vicino il momento del distacco dai rami e trattenevano a stento i loro lembi soffiati dal vento.
La fogliolina affrontava con coraggio la sfida: nessuna foglia aveva mai superato il limite dell’autunno e nessuna di loro sapeva cosa ci fosse dopo.
La loro esistenza era segnata da un inizio e da una fine scandite dalla primavera e dall’autunno.
Dell’inverno, la stagione sconosciuta che veniva descritta come terribile dalle foglie degli alberi sempreverdi, nessuna di loro poteva saper nulla. In quella parte dell’anno l’albero cadeva in un letargo che gli permetteva di sopravvivere e risvegliarsi la primavera dell’anno successivo.
L’autunno era finito. L’abbassarsi improvviso della temperatura aveva provocato la caduta delle ultime foglie.
Era rimasta sola.
Attaccata al suo ramo,senza più linfa che la nutrisse, sostenuta solo dal desiderio di conoscere la primavera.
Era inverno.
Di lì a pochi giorni iniziò a nevicare. La fogliolina non conosceva la neve, ne sentì il peso sui lembi suoi gelati da quei soffici fiocchi che cadevano lievi da quel cielo plumbeo.
Sola su un ramo coperto di neve, immersa in un paesaggio irreale che mai nessun’altra aveva vissuto, aspettava.
Ma quanto ancora avrebbe dovuto attendere?
Il cielo si era rasserenato e il sole vi splendeva libero di spaziare coi suoi raggi, ma il tepore che riusciva a donare era ben poca cosa : le temperature erano basse e la fogliolina era tutta gelata.
I pochi animali che essa vedeva, che camminassero, che saltellassero o che volassero erano tutti intirizziti e si aggiravano come disperati alla ricerca di cibo.
Lasciavano impronte del loro passaggio, ma poi venivano cancellate.
Il vento aveva soffiato e forte.
Più di una volta aveva pensato di lasciarsi andare, di cadere al suolo come tutte le sue sorelle che non avevano lasciato traccia. Ma ogni volta prevaleva il desiderio di continuare e di restare avvinghiata al suo ramo con tutte le sue poche forze.
Poco a poco si era abituata allo scorrere delle giornate fredde.
Era passato gennaio con i suoi giorni di ghiaccio e febbraio trascorreva alternando vento a pioggia, ma sempre freddi.
Un poco di tepore lo iniziò a sentire ai primi di marzo.
Aveva il sentore che la sua lunga e solitaria attesa fosse giunta finalmente al termine.
Infatti, trascorsi pochi altri giorni, il tepore iniziale era andato via via facendosi più costante, quasi a voler sottolineare il lento e sotterraneo ingresso della primavera.
Sui rami dell’albero dove era rimasta disperatamente aggrappata questa testarda e coraggiosa fogliolina, erano spuntate delle piccole gemme a testimonianza del graduale risveglio dell’albero. Al suo interno aveva ripreso a scorrere la linfa.
Lei era tutta avvizzita, non aveva uno specchio per vedersi, ma l’inverno trascorso se lo sentiva tutto addosso. Il margine della sua superficie era strappato in più punti: le nervature avevano retto con la forza della disperazione, ma non sarebbe stata in grado di affrontare un’altra primavera. Era già troppo consumata per riuscire a garantire la fotosintesi per la quale era germogliata.
Era primavera: ad una ad una si erano dischiuse le gemme dei rami dell’albero e iniziavano a colorarsi di verde. Le prime foglioline vedevano la luce tiepida delle giornate di fine marzo.
In cielo si vedevano gli stormi di rondini che tornavano dai paesi lontani del sud dove erano andati a trascorrere l’inverno.
Le foglioline stavano crescendo e il verde prendeva lentamente il sopravvento sui rami degli alberi. Le giovani foglie sorridevano felici alle giornate tiepide in cui erano germogliate e nel guardarsi intorno avevano notato la foglia avvizzita.
Le avevano chiesto incuriosite come mai fosse già così vecchia ed alla sua risposta sulle prime quasi non le credevano. Poi iniziarono a farsi raccontare le sue peripezie, di come trascorre l’intero anno nella vita di un albero.
Era divenuta la loro sorella maggiore.
In tutti i rami dell’albero le giovani foglie ascoltavano con attenzione i racconti dell’anziana fogliolina.
Ma tutti i tempi passano.
La primavera si era inoltrata già nelle giornate di fine aprile e sull’albero tutte le giovani foglie lavoravano con impegno costante alla fotosintesi clorofilliana.
L’unica non in grado di farlo era proprio lei, la fogliolina della primavera precedente.
Sapeva che era giunto il tempo di volare via dal suo ramo. Si guardò ancora intorno, quasi a salutare. Avrebbe voluto ancora, ma il ciclo della vita non si può bloccare.
La fogliolina giovane che era pronta a germogliare reclamava il suo spazio e spingendo sempre più fece staccare l’anziana che era rimasta così a lungo avvinghiata al suo ramo.
Un soffio dolce di vento l’accompagnò delicato e gli fece compiere un tragitto più largo, quasi a volerla far guardare da tutti i rami dell’albero.
Sui rami le altre foglie si mossero più volte con tutti i rami.
Fu un bellissimo saluto, degno di una personalità.
Il terreno l’accolse con un tappeto verde punteggiato di colori.
E l’atterraggio fu soffice.
Non si sa che fine abbia fatto.
Ma ancora oggi, se capitate da quelle parti, facendo attenzione al fremer delle foglie al vento in primavera, potreste riascoltare questa storia.